Capitolo 1: “il piano di sotto” della mente
“Mio figlio piccolo stava gridando da tre quarti d’ora e non sapevo come consolarlo. Alla fine gli ho urlato che non ce la faccio più con lui e che lo detesto!”
“Mio figlio più grande tira i pugni al fratello più piccolo, così forte da lasciargli dei segni. L’ho sculacciato e gli ho detto di andare da solo nella sua stanza. Ho urlato così forte da terrorizzarlo”
“Dopo che avevo detto a mia figlia di fare attenzione con l’altalena, poichè il fratellino più piccolo le stava giocando davanti, lei lo ha quasi investito dondolando. Le ho urlato “Ma sei stupida? Lo sai che devi fare attenzione! Tu sei più grande cavolo! Cosa c’è che non va in te?”
Sebbene possa sorprendere, queste frasi sono espressioni di genitori reali, in momenti di difficoltà e a più alta tensione. Genitori reali, in momenti di difficoltà, ma comunque in grado anche di saper essere meravigliosi, attenti e sensibili nei confronti dei propri figli.
Sono esempi di esperienze che ogni genitore potrebbe ritrovarsi a vivere nella propria quotidianità, chi prima, chi dopo. A casa, al supermercato, in strada, in vacanza.
Sono questi i momenti in cui, da un punto di vista neurobiologico, prende a tutti gli effetti il sopravvento la parte inferiore del nostro cervello, quella che ci fa perdere il controllo e ci fa dire cose ai nostri bambini che (in altre situazioni) non permetteremmo a nessun altro di dire.
Anche nei momenti di maggiore crisi, non dobbiamo mai dimenticarci che possono esserci delle opportunità di crescita e integrazione. Opportunità per aiutare il cervello emotivo nostro e dei nostri bambini a svilupparsi sempre di più e per dare l’esempio di come possiamo regolare e gestire sempre meglio le nostre emozioni.
Così come insegniamo ai nostri figli ad asciugarsi il naso, a piegare le calze e ordinarle nei cassetti o a lavarsi le mani, allo stesso modo è importante insegnare ai nostri figli a gestire e a regolare le emozioni che provano. Insegnare ai nostri figli ad “allenare” il loro cervello emotivo, per crescere così più forti, più sicuri, con una migliore autostima e fiducia in loro stessi e negli altri.
Gli occhi dei nostri bambini osservano per vedere come noi grandi riusciamo a calmarci. Le nostre azioni e le nostre parole danno l’esempio di come compiere una buona scelta (cosa dire? Cosa fare? Come muoversi?)in momenti di alta intensità emotiva, quando siamo noi adulti i primi a rischiare di perdere il controllo.
Cosa possiamo fare quando noi grandi ci accorgiamo che “il piano di sotto” del cervello sta assumendo il controllo e stiamo per perdere le staffe?
- Non fare del male. In questi momenti è importante proteggere a tutti i costi vostro figlio
- Chiudiamo la bocca per evitare di dire qualcosa ai nostri bambini di cui potremmo pentirci
- Mettere le mani dietro la schiena, per evitare qualsiasi genere di contatto fisico “violento”
- Allontanatevi dalla situazione e “ricomponetevi”. Non c’è nulla di male nel prendersi una pausa (bere un bicchiere d’acqua, fare dei respiri profondi), soprattutto se ciò significa proteggere i bambini
- Dite a vostro figlio che avete bisogno di un pò di tempo per calmarvi, così il bambino non si sentirà rifiutato o abbandonato, anche se per breve tempo
- “Muovetevi un pò per non perdervi”: fate qualche saltello, saltate a gambe divaricate e poi chiudetele, fate stretching, fate dei respiri profondi. In questo modo aiuterete la vostra amigdala a “disinfiammarsi” e a ritornare calmi e, al tempo stesso, insegnerete indirettamente ai vostri figli dei “trucchi” per riprendere il controllo di noi stessi ogni volta in cui ne abbiamo bisogno
- Infine, quando ci sentiamo più tranquilli, non dimentichiamoci di riparare. Non appena vi siete calmati, cercate di ristabilire un contatto con vostro figlio, occupatevi del danno emotivo o relazionale che potrebbe essersi verificato. Forse sarà necessario perdonare il vostro bambino; forse sarete voi a dovervi scusare e assumere la responsabilità per le vostre azioni.